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Anni '50-'60 |
Con la parola “video” ci si riferisce ad un dispositivo composto da più
elementi non necessariamente utilizzati assieme ma indispensabili per la sua
realizzazione. E' necessario tenere presente, inoltre, che il termine “video” in
realtà significa e continua a significare molte cose a seconda del contesto.
Negli anni ‘50, durante le più importanti sperimentazioni televisive di messa
in onda, il termine indicava il supporto (video-tape) su cui venivano
registrati i programmi in studio.
Verso la metà degli anni ‘60, prima negli
USA, in Giappone e poi nel mondo, iniziarono a diffondersi i primi mezzi di
registrazione portatile: il video-registratore, connesso alla telecamera, diventò
un pesante borsone da spalla che permetteva di rivedere il girato a casa, sui
monitor, utilizzando bobine – open-reel – dello spessore di ¼ o ½
pollice. Il video diventò quindi un mezzo alla portata di (quasi) tutti,
immediato perché non richiedeva sviluppo, elettronico e riscrivibile. E’
proprio per queste caratteristiche che il suo uso si sostituì pian piano a
quello delle pellicole “a passo ridotto” (16mm, Super8, 8mm).
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Anni '50-'60 |
Nel medesimo
periodo iniziarono a differenziarsi i formati del nastro magnetico, dai più
professionali ai più commerciali (e quindi meno resistenti), dai giapponesi
agli americani ed europei, con un conseguente moltiplicarsi dei dispositivi.
Alla fine degli anni ‘70, iniziarono a utilizzarsi le video-cassette, comparì
per la prima volta il colore e aumentò la definizione dell’immagine; i
dispositivi si evolvevano, la telecamera incorporò il nastro - prima analogico,
poi digitale – e il monitor. Velocemente si arrivò fino ad oggi, tempo in cui
nell’immaginario collettivo il video coincide con l’icona dei palmari e degli smartphones,
facilissimo da realizzare, montare e di media/buona qualità.
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Anni '60-'70 |
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Anni '80 |
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Anni '90 |
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Anni 2000 |
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