Il MuSe di Renzo Piano a Trento; un museo del nuovo millennio

L'interno del MuSe affollato da animali sospesi nel vuoto
ricorda la mostra di padovano Maurizio Cattelan: "All".
All'estero ci hanno abituato da anni a contenitori culturali dal forte impatto visivo e da un altrettanto marcata vena multimediale. Penso al Nautilus di Amsterdam (che conosco solo in forma indiretta), aI Deutsches Museum di Monaco o allo Jüdisches Museum di Berlino, in assoluto il mio preferito, disegnato dal grande Daniel Libeskind. Conosco l'argomento abbastanza bene avendo scritto un saggio premiato dall'IRSE nel 2011 sul tema dei Musei Multimediali ed essendomi laureato nel 2010 con una tesi in Museologia. ArtMusicEvent, inoltre, è una realtà che si occupa intensivamente di multimedialità quindi sono argomenti che osserviamo con particolare attenzione.

Già nel 2010 mi ero reso conto che gli unici veri musei multimediali di qualità erano al di fuori del solo italiano. Quando ieri a Trento ho visitato il MuSe di Renzo Piano (per pura casualità, passando davanti all'edificio siamo rimasti colpiti dall'architettura e abbiamo deciso di fermarci) sono rimasto piacevolmente sorpreso da una struttura che ha pochi rivali in Italia.
Il MuSe è un edificio costruito da Piano e inaugurato a Luglio 2013; sorge nelle immediate vicinanze del Palazzo delle Albere ed è parte del nuovissimo quartiere che dal Palazzo prende il nome. Un luogo architettonicamente ricercato e sofisticato, che cerca di essere moderno e al tempo stesso integrato all'ambiente circostante e rispettoso della natura attraverso l'uso di materiali e tecnologie ecosostenibili.
Con il Deutsches Museum di Monaco e il Nautilus di Amsterdam il MuSe condivide, non casualmente, una struttura a più piani. È ormai tendenza comune quella di articolare i musei di scienze e tecnica in piani tematici, in questo caso cinque.
A colpire, tuttavia, è la vocazione estremamente interattiva del percorso espositivo del museo; Dal quinto piano (il bellissimo terrazzo panoramico) fino ai sotterranei è un continuo susseguirsi di installazioni di ogni genere che sfruttano tutte le possibili vie di interazione tra oggetto espositivo e fruitore finale.
Non è un caso che il museo sia letteralmente preso d'assalto dai visitatori. Una situazione che va a sfatare il mito del disinteresse tutto italiano per i luoghi di apprendimento.
Sarà che in Trentino la popolazione è mediamente più vorace di cultura che in altre parti d'Italia, sarà che in generale i popoli del Nord amano i musei scientifici, sarà che il museo è un contenitore, di dimensioni ridotte, è vero, ma bello, spettacolare, funzionale ed interattivo. Quale sia la ragione l'importante è che non ci si riusciva a muovere tanto era affollato e che, soprattutto, una parte importantissima di visitatori erano bambini.
Bambini incuriositi e vivaci, decisamente contenti e profondamente a loro agio negli spazi  puliti e moderni del MuSe. Crollano così un altro paio di miti: il mito per cui i bambini di oggi meno interessati di quelli di ieri ed il mito per cui i protagonisti delle nuove generazioni  non sono più interessati alle materie scientifiche come quelli di un tempo.
Questo museo dimostra agli italiani, quello che all'estero è già dato per acquisito da anni; la cultura (la scienza in questo caso) può interessare la massa.
Certo questo ha un prezzo: scordatevi le catalogazioni enciclopediche e sistematiche,  pannelli noiosi ma scientificamente completi, le infinite sale dei secoli scorsi.
La scientificità estrema ha lasciato spazio alla spettacolarizzazione. La coerenza espositiva  lascia spazio alla ricerca di impatto mediatico come quando al MuSe troviamo in più occasioni i pesciolini del film Nemo anziché quelli tipici del Trentino. Le ricercate sale infinite del vecchio museo ottocentesco sono ora sostituite da non-ambienti, spazi decostruiti nel nome della flessibilità espositiva (un'evidente concessione alle esigenze museografiche contemporanee che privilegiano la mostra temporanea ad effetto alla collezione sistematica).
Il museo del XXI secolo, in sostanza, è POP, nel senso di accessibile a tutti. Spettacolare e  utile a rapire l'attenzione di chiunque ma vagamente superficiale e discutibile nei contenuti.
Tutto ciò, come sempre, ha dei pro e dei contro. Sicuramente luoghi come il MuSe aiuteranno ad avvicinare più persone alle materie scientifiche, specialmente tra i bambini. L'idea, però, è che alla fine del percorso oltre alle notevoli suggestioni manchi la possibilità di andare in profondità.
L'idea che mi sono fatto, in sostanza è che il MuSe sta al museo tradizionale di Scienze naturali vecchia scuola come la musica commerciale sta alla classica. Semplicemente figli di culture diverse e, per questo motivo, diversamente importanti.
Infine qualche altra informazione sull'allestimento del MuSe: oltre alla struttura a gironi (il museo assomiglia al Guggenheim ma con pianta quadrata; curiosamente lo spazio vuoto al centro è stato allestito in modo analogo a quanto fatto dall'artista padovano Maurizio Cattelan nella sua grande personale newyorkese), alla grande quantità di animali tassidermizati (anche qui usati in maniera insistente e disinvolta al modo di Cattelan), alla presenza di una bella serra, troviamo all'interno del museo un Fab Lab (segui il blog nelle prossime settimane per saperne di più sui Fab Lab in Italia e la cultura dei makers). È un caso bellissimo e atipico di museo che si apre alla dimensione pratica mettendo a disposizione del pubblico un servizio fuori dal comune.

Il quartiere progettato da Renzo Piano

Un'immagine degli spazi interni del MuSe

Il Palazzo delle Albere
La bellissima terrazza panoramica del Muse.

Vista del quartiere delle Albere dalla terrazza del Muse
con i panelli solari in evidenza.

Uno dei piani centrali del Muse ospita un
Fab Lab.

Il Museo presenta un allestimento di sicuro
impatto visivo.


La bellissima serra del MuSe.

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