Rock On Light part 3: Porcupine Tree - Lightbulb Sun (2000), Candore progressivo
Il pop non è necessariamente commerciale, a maggior ragione se parliamo dei Porcupine Tree. Il disco del 2000 segna il definitivo distacco da quella fase “psichedelica” che li aveva contraddistinti agli esordi, più per una volontà di volersi scrollare di dosso quella fastidiosa etichetta che li vedeva come i “Pink Floyd degli anni Novanta”. In realtà, Lightbulb Sun è un disco che mantiene a tratti intatto il gusto di Steven Wilson per gli arrangiamenti complessi e raffinati. E' un lavoro sincero, che si snoda sul bipolarismo tra fraseggi a tinte solari e parentesi più malinconiche. I testi si rivelano più schietti e diretti, ma non per questo meno impegnati. Rimangono i contrasti sonori già udibili in Stupid Dream, enfatizzati dalle chitarre a tratti distorte e a tratti più rilassate.
La title track parte con un bell’arpeggio acustico, che si appoggia su delle soffici liriche dove Steven Wilson si lascia andare ad una visione vagamente malinconica di un tramonto che lascia trasparire tutta la sua apatia: The sun is a lightbulb, a candle’s a treat, the curtains stay closed now on my little retreat. Il ritornello, lievemente più incalzante e scandito da accordi più decisi, manifesta la volontà di guardare con speranza al futuro. E’ un brano di maniera, non troppo ricercato, alla stregua di un pezzo pop rock. How is your life today? possiede invece un sapore lievemente più settantiano, quasi alla Genesis. Delicato e sviluppato su un accompagnamento di piano in 6/8 (in puro stile valzer viennese, per intendersi), è una dolce filastrocca piacevolmente cadenzata. 4 chords that made a million è un’autocelebrazione a tutti gli effetti (i quattro accordi, per allegoria, non sono altro che i quattro membri del gruppo), su cui non mi soffermo per via della sua stucchevolezza. Shesmovedon è la vera gemma del disco ed è il racconto di un’estate che riporta alla memoria una storia d’amore, terminata proprio nel momento in cui il sole cessa di splendere: She changes every time you look, by summer it was all gone - now shesmovedon. Sostenuto da un possente riff di basso e da uno degli assoli più belli del disco (questo sì, vagamente pinkfloydiano), si presenta come un brano spiccatamente ricercato. Last chance to evacuate planet earth before it is recycled è in gran parte strumentale, e prosegue sulla via intrapresa dal pezzo precedente (ancora, il rimpianto di un’amata perduta al termine di un’estate vissuta all’insegna della tenerezza). Sognante ed acustico, l’argomento chiave del brano è il rimpianto. The rest will flow può definirsi a tutti gli effetti un pezzo pop, che fa gioco forza sui violini e su un ciclo continuo di accordi che si ripetono e crescono via via di intensità. Wilson insiste sul conforto portato dalla luce del sole: Then out of darkness I found I could still feel something good out of the woods. La successiva Hatesong è decisamente più corposa e incalzante, mentre Where we would be è un intermezzo acustico, che prosegue ancora sull’analogia luce/vicinanza. La successiva Russia on ice, lunga e articolata, è puro progressive al 100%. Il disco si chiude sulle note di Feel so Low, che rimarca la solitudine interiore di Wilson, il suo senso di abbandono, il suo ego brutalmente annichilito. Lightbulb Sun è un lavoro che mantiene vive le tematiche già trattate nei dischi precedenti, ma che le sviluppa su progressioni sonore lievemente differenti, dirette, concise. Non è sicuramente la migliore uscita dei porcospini, ma benché l’impatto sonoro venga drasticamente depotenziato da alcune parentesi poco ardite, l’impressione che ne deriva ad un primo ascolto è quella di un lavoro modesto, senza infamia né lode.
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