"Mammole e tuberose, corolle di verbene..." - Madama Butterfly al Teatro G. Verdi di Padova



L’allestimento di Beni Montresor per Madama Butterfly di Giacomo Puccini, nato per il Teatro Carlo Felice di Genova, è stato ripreso da Paolo Giani al Teatro Verdi di Padova il 24 e 26 ottobre. Il regista di Bussolengo, deceduto nel 2001, ha interpretato in chiave minimal gli ambienti giapponesi, geometricamente squadrati ma armonici, con un continuo gioco di luci, colori laccati e contrasti cromatici che ricorda le fotografie di Franco Fontana. In un’atmosfera vagamente pizziana si esaurisce la struggente vicenda dell’illusa mousmé, sedotta e abbandonata dal colonizzatore di turno che senza ritegno torna per prendersi il figlio – e viene da chiedersi se Kate non soffra veramente di sterilità o se essa possa essere il simbolo di un’infertilità e di un’invadenza, anche culturale, congenita al mondo americano. 


Sul palco, ridotto all’essenziale per permettere ai sentimenti umani di risaltare in toto, si susseguono gli sgargianti costumi bianchi, ocra e rossi, in un gradevole colpo d’occhio che trova sublime appagamento nell’ingresso di Cio-Cio-San circondata dalle sue amiche, come in un’antica stampa nipponica. Proprio a La Japonaise di Monet, conservata al Museum of Fine Arts di Boston e chiaro esempio dell’influenza dell’arte asiatica su quella occidentale, sembra essersi ispirato Montresor per i kimono femminili. Suggestivo, nel secondo atto, il gioioso duetto tra Butterfly e Suzuki, durante il quale scendono a profusione petali di ciliegio – e Gettiamo a mani piene mammole e tuberose non fa che richiamarci alla mente Dôme épais, le jasmin della Lakmé di Léo Delibes per via dell’accostamento di soprano e mezzosoprano, il lessico floristico e l’ambientazione esotica. Commovente e riuscito il finale, momento in cui, all’harakiri, viene fatto cadere dall’alto un candido velo, quasi emblema della misera esistenza della giapponesina. La tensione è aumentata ancor più dalla presenza in scena di Suzuki e di Dolore, quando in realtà la didascalia prescriverebbe solo il bimbo.

Il cast ha nomi interessanti tra gli interpreti principali. Andrea Rost possiede una buona estensione vocale e tratteggia in maniera sapiente una Cio-Cio-San ingenua ma decisamente materna. Esegue bene Un bel dì vedremo e altrettanto intensamente Che tua madre dovrà prenderti in braccio. Luciano Ganci, tenore dalla voce sicura, calda e ben impostata, impersona un Pinkerton che sa il fatto suo, mai sopra le righe. Daniela Innamorati incanta con la sua Suzuki, fasciata in un mesto kimono nero e premurosa nei confronti della “povera Butterfly”: Montresor la lascia in disparte, nell’atto primo, ad osservare la cerimonia nuziale e questo star sul limite affascina in maniera misteriosa. Giorgio Caoduro incarna uno Sharpless perplesso e insofferente nei confronti delle scelte del tenente.

I ruoli di contorno si rivelano omogenei nell’esecuzione. Max René Cosotti, artista dalla lunga carriera, è un Goro impiccione che riesce ottimamente grazie alla sua incomparabile dote di attore. Abramo Rosalen irrompe con professionalità a turbare la sorte degli sposi come Zio Bonzo. William Corrò, il triste Principe Yamadori, si distingue per la voce matura e seducente. Sabrina Vianello interpreta una Kate bionda e intimorita. Bravi Francesco Milanese (Commissario imperiale), Gianluca Zoccatelli (Zio Yakusidé), Valentina Babusci (Zia), Simonetta Baldin (Cugina) e Silvana Benetti (Madre). Simpatico e tenero Sebastiano Corrò nella parte di Dolore, il figlio di Butterfly.

Il Coro Città di Padova, diretto da Dino Zambello, pare preparato come sempre.

Bisogna riconoscere come il maestro Tiziano Severini abbia senza ombra di dubbio istruito in maniera eccellente l’Orchestra di Padova e del Veneto, portandola a livelli ben più alti di quanto la si sia soliti sentire. Purtroppo la direzione si assesta su prassi sinfoniche e non operistiche, facendo sembrare wagneriana la musica di Puccini e coprendo sporadicamente le voci. Inoltre, scarsa è l’attenzione con cui il direttore segue gli artisti, motivo che porta il coro e il cast a perdersi spesso, con evidenti ripercussioni sulla riuscita generale.

Applausi per tutti.

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